jueves, 19 de abril de 2012

Lutto normale e lutto complicato: come distinguerli?



Il lutto è un processo in parte naturale, come la morte stessa, e in parte è il frutto di una necessità evolutiva che ci “obbliga” ad interrompere i vincoli di attaccamento con le persone importanti per noi.

La perdita di un relazione basata su uno stretto vincolo affettivo,  rappresenta una sfida molto dura per  il nostro adattamento come esseri umani. Generalmente, la nostra risposta a questa separazione definitiva è rappresentata da un insieme di reazioni  definite stress da separazione: pianto, certo disordine comportamentale, mancanza della persona cara, inquietudine, insonnia, l’inappetenza, tensione muscolare, in alcuni casi incluso  mancanza di respirazione, tachicardia, disturbi digestivi, etc.

Anche se questi sintomi mettono a dura prova il nostro equilibrio, nonchè il nostro benessere, ciò che rende complicata l’elaborazione di un lutto è che gli esseri umani tendono a cercare un significato nel fenomeno della  morte. Quest’ultima infatti diventa, non solo un fatto puramente biologico al quale ci dobbiamo sottomettere, ma anche un catalizzatore per la costruzione di nuovi sognificati.
L’essere umano ha la tendenza ad organizzare le proprie esperienze in modo “narrativo”, ovvero ci costruiamo spiegazioni che possano dare un senso alle transizioni problematiche della nostra vita. Nel caso di un lutto, cerchiamo di darci una spiegazione a questa perdita che possa essere coerente con il nostro sistema di credenze e che possa mantenere un senso di continuità con la persona scomparsa. Però la morte mette a dura prova la nostra capacità di costruire una narrativa coerente.

 Senza dubbio, il lavoro più difficle è quello di acquisire una nuova visione della nostra vista che integri la perdita della persona cara con la realtà di un mondo che ormai per noi sarà diverso, poichè tutto il nostro mondo di significati verrà messo alla prova da questa perdita. Inizierà quindi un processo, in alcuni casi lungo e doloroso, che concluderà con la conferma o la distruzione e ricostruzione dei nostri schemi mentali.

Questi schemi mentali non si riferiscono solo al nostro modo di intendere il mondo, la vita e le relazioni, ma include anche l’idea che abbiamo di noi stessi. La perdita di una persona cara, suppone non solo la mancanza di un affetto, ma anche di un “testimone” intimo del nostro passato (partner, genitori, fratelli, nonni, amici), il che può arrivare a minare fortemente la nostra auto-definizione. La stessa cosa accade in quei casi in cui si perde un figlio, ovvero un “testimone del nostro futuro”. La percezione è che oltre alla perdita di un affetto c’è la perdita di un ruolo.  Ci troviamo di colpo a dover occupare un luogo nuovo nel mondo, con un senso nuovo.


Ulteriori complicazioni si hanno nei casi di morti traumatiche che alterano “l’ordine naturale” (morte di bambini, giovani, suicidi, omicidi). A rendere ancora più difficoltoso il ri-adattamento del sopravvivente sono i ricordi associati all’episodio della morte, che assumono la forma di immagini, sensazioni ed emozioni dissociate e frammentarie. Il risultato è una certa suscettibilità  a ricordi intrusivi alternati all’evitazione degli stessi, che possono perdurare incluso per anni e che facciamo fatica ad integrare nella narrativa coscente della  nostra vita. È inoltre possibile che quest’esperienza traumatica distrugga permanentemente il nostro senso di sicurezza, predizione, fiducia e ottimismo.

Un LUTTO NORMALE è un processo che generalmente passa per tre fasi:
  1. Evitazione: come reazione alla difficoltà di assimilare l’idea della perdita di un essere caro. Si manifesta sotto sintomi quali dolore fisico, senso di torpore o stordimento, sensazione di dissociazione rispetto sl contesto, ecc.
  2. Accettazione: appare in modo graduale, a distanza di giorni dalla morte, quando la persona non è più così sconvolta e inizia a rendersi conto che d’ora in avanti dovrà vivere senza la presenza della persona cara.  Soprattutto all’inizio, questa costatazione può convivere con momenti di negazione in cui ci si “dimentica” che quella persona non è più viva.  È in questi casi che ci par di vedere il nostro caro in giro per strada o, se suona il telefono, pensiamo sia lui/lei.   In questa fase possono apparire emozioni come la tristezza (con un vero e proprio quadro depressivo); la colpa (per ciò che avremmo potuto fare mentre era in vita, per cose sbagliate che abbiamo fatto, per ciò che avremmo potuto fare per salvarlo); la rabbia (verso chi ha provocato la morte, che per alcuni sarà Dio, la natura, i medici, ecc.); fino ad arrivare a un vero e proprio senso di ingiustizia (nei casi di morti violente o per negligenze).
  3.  Accomodamento: man mano che la persona riconquista il suo equilibrio e si rapporta meglio con le sue emozioni, inizia a vedere le cose da un altro punto di vista.  In questa fase l’individuo cerca di affrontare i cambiamenti che comporta il suo nuovo sistema di credenze.

La durata di ognuna di queste fasi, così come quella del processo del lutto complessivamente è molto personale. Ognuno di noi può impiegarci più o meno tempo e, anche se spesso la società sembra non accettare tempi troppo lunghi, dobbiamo concederci tutto lo spazio  necessario per elaborare una perdita.
Nonostante ciò è importante poter distinguere un Lutto Normale da uno Complicato, poichè nel secondo caso (con maggior urgenza che nel primo) si richiede l’intervento di un terapeuta per aiutare ed accompagnare la persona in questo difficile cammino, affinchè non scaturisca in uno stato di malessere cronico.

LUTTO COMPLICATO

Nei casi di lutto complicato la persona sente che la vita senza il defunto è talmente compromessa che non riesce ad integrare ed elaborare la perdita ed andare avanti. In questi casi, la morte di un essere caro non solo è profondamente triste  ma arriva anche a perturbare il senso di chi si è, dei nostri progetti e dei nostri rapporti con il mondo.







Come riconoscerlo?   

  • Pensieri intrusivi sul defunto    
  • Mancanza della persona cara                                       Per almeno 6 mesi
  • Ricerca del defunto
  • Solitudine eccessiva dalla morte

  • Mancanza di obiettivi, senso d’inutilità rispetto al futuro
  • Senso di distacco o assenza di reazioni emotive
  • Difficoltà nel riconoscere la morte (incredulità)
  • Sensazione che la vita è priva di senso
  • Sensazione che sia morta una parte di noi
  • Visione disfattista del mondo (perdita del senso di controllo, fiducia e sicurezza)
  • Assumere i sintomi o le condotte distruttive del defunto
  • Eccessiva irritabilità, amarezza o angoscia relative alla morte 


In generale, la mancanza di un sostegno nei casi in cui la persona lo necessiti, può causare problemi significativi nelle aree sociali, professionali  e altre aree importanti del funzionamento dell'individuo. Per tali ragione è importante chiedere aiuto e farci guidare in un momento così difficile nella nostra vita, nel quale non abbiamo a disposizione tutte le risorse che potevamo utilizzare prima per affrontare le difficoltà. L’aiuto ci può arrivare dalla nostra rete sociale (familiari, amici, comunità) o figure professionali quali lo psicologo il quale potrà accompagnarci in un processo terapeutico lavorando insieme sull'elaborazione del lutto.


(Articolo di Sonja Sampaolesi)

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