Il lutto è un processo in parte naturale,
come la morte stessa, e in parte è il frutto di una necessità evolutiva che ci “obbliga”
ad interrompere i vincoli di attaccamento con le persone importanti per noi.
La perdita di un relazione basata
su uno stretto vincolo affettivo, rappresenta una sfida molto dura per il nostro adattamento come esseri umani.
Generalmente, la nostra risposta a questa separazione definitiva è
rappresentata da un insieme di reazioni definite stress da separazione: pianto, certo disordine comportamentale, mancanza della persona cara, inquietudine, insonnia, l’inappetenza, tensione muscolare, in alcuni casi incluso mancanza di respirazione, tachicardia, disturbi digestivi, etc.
Anche se questi sintomi mettono a
dura prova il nostro equilibrio, nonchè il nostro benessere, ciò che rende
complicata l’elaborazione di un lutto è che gli esseri umani tendono a cercare un significato nel fenomeno
della morte. Quest’ultima infatti
diventa, non solo un fatto puramente biologico al quale ci dobbiamo
sottomettere, ma anche un catalizzatore per la costruzione di nuovi sognificati.
L’essere umano ha la tendenza ad organizzare le proprie esperienze in modo “narrativo”,
ovvero ci costruiamo spiegazioni che possano dare un senso alle transizioni problematiche della nostra vita. Nel
caso di un lutto, cerchiamo di darci una spiegazione a questa perdita che possa
essere coerente con il nostro sistema di credenze e che possa mantenere un
senso di continuità con la persona scomparsa. Però la morte mette a dura prova
la nostra capacità di costruire una narrativa coerente.
Senza dubbio, il lavoro più difficle è quello
di acquisire una nuova visione della nostra vista che integri la perdita della
persona cara con la realtà di un mondo che ormai per noi sarà diverso, poichè
tutto il nostro mondo di significati verrà messo alla prova da questa perdita.
Inizierà quindi un processo, in alcuni casi lungo e doloroso, che concluderà
con la conferma o la distruzione e ricostruzione dei nostri schemi mentali.
Questi schemi mentali non si
riferiscono solo al nostro modo di intendere il mondo, la vita e le relazioni,
ma include anche l’idea che abbiamo di noi stessi. La perdita di una persona
cara, suppone non solo la mancanza di un affetto, ma anche di un “testimone”
intimo del nostro passato (partner, genitori, fratelli, nonni, amici), il che
può arrivare a minare fortemente la nostra auto-definizione. La stessa cosa
accade in quei casi in cui si perde un figlio, ovvero un “testimone del nostro
futuro”. La percezione è che oltre alla
perdita di un affetto c’è la perdita di un ruolo. Ci troviamo di colpo a dover occupare un
luogo nuovo nel mondo, con un senso nuovo.
Ulteriori complicazioni si hanno
nei casi di morti traumatiche che
alterano “l’ordine naturale” (morte di bambini, giovani, suicidi, omicidi). A
rendere ancora più difficoltoso il ri-adattamento del sopravvivente sono i
ricordi associati all’episodio della morte, che assumono la forma di immagini,
sensazioni ed emozioni dissociate e frammentarie. Il risultato è una certa
suscettibilità a ricordi intrusivi
alternati all’evitazione degli stessi, che possono perdurare incluso per anni e
che facciamo fatica ad integrare nella narrativa coscente della nostra vita. È inoltre possibile che quest’esperienza
traumatica distrugga permanentemente il nostro senso di sicurezza, predizione,
fiducia e ottimismo.
Un LUTTO NORMALE è un processo che generalmente passa per tre fasi:
- Evitazione: come reazione alla difficoltà di assimilare l’idea della perdita di un essere caro. Si manifesta sotto sintomi quali dolore fisico, senso di torpore o stordimento, sensazione di dissociazione rispetto sl contesto, ecc.
- Accettazione: appare in modo graduale, a distanza di giorni dalla morte, quando la persona non è più così sconvolta e inizia a rendersi conto che d’ora in avanti dovrà vivere senza la presenza della persona cara. Soprattutto all’inizio, questa costatazione può convivere con momenti di negazione in cui ci si “dimentica” che quella persona non è più viva. È in questi casi che ci par di vedere il nostro caro in giro per strada o, se suona il telefono, pensiamo sia lui/lei. In questa fase possono apparire emozioni come la tristezza (con un vero e proprio quadro depressivo); la colpa (per ciò che avremmo potuto fare mentre era in vita, per cose sbagliate che abbiamo fatto, per ciò che avremmo potuto fare per salvarlo); la rabbia (verso chi ha provocato la morte, che per alcuni sarà Dio, la natura, i medici, ecc.); fino ad arrivare a un vero e proprio senso di ingiustizia (nei casi di morti violente o per negligenze).
- Accomodamento: man mano che la persona riconquista il suo equilibrio e si rapporta meglio con le sue emozioni, inizia a vedere le cose da un altro punto di vista. In questa fase l’individuo cerca di affrontare i cambiamenti che comporta il suo nuovo sistema di credenze.
La durata di ognuna di queste fasi, così come quella del processo del
lutto complessivamente è molto personale.
Ognuno di noi può impiegarci più o meno tempo e, anche se spesso la società
sembra non accettare tempi troppo lunghi, dobbiamo concederci tutto lo spazio necessario per elaborare una perdita.
Nonostante ciò è importante poter
distinguere un Lutto Normale da uno Complicato, poichè nel secondo caso (con
maggior urgenza che nel primo) si richiede l’intervento di un terapeuta per
aiutare ed accompagnare la persona in questo difficile cammino, affinchè non
scaturisca in uno stato di malessere cronico.
LUTTO
COMPLICATO
Nei casi di lutto complicato la
persona sente che la vita senza il defunto è talmente compromessa che non
riesce ad integrare ed elaborare la perdita ed andare avanti. In questi casi,
la morte di un essere caro non solo è profondamente triste ma arriva anche a perturbare il senso di chi
si è, dei nostri progetti e dei nostri rapporti con il mondo.
Come riconoscerlo?
- Pensieri intrusivi sul defunto
- Mancanza della persona cara Per almeno 6 mesi
- Ricerca del defunto
- Solitudine eccessiva dalla morte
- Mancanza di obiettivi, senso d’inutilità rispetto al futuro
- Senso di distacco o assenza di reazioni emotive
- Difficoltà nel riconoscere la morte (incredulità)
- Sensazione che la vita è priva di senso
- Sensazione che sia morta una parte di noi
- Visione disfattista del mondo (perdita del senso di controllo, fiducia e sicurezza)
- Assumere i sintomi o le condotte distruttive del defunto
- Eccessiva irritabilità, amarezza o angoscia relative alla morte
In generale, la mancanza di un
sostegno nei casi in cui la persona lo necessiti, può causare
problemi significativi nelle aree sociali, professionali e altre aree importanti del funzionamento dell'individuo. Per tali ragione è importante chiedere aiuto e farci
guidare in un momento così difficile nella nostra vita, nel quale non
abbiamo a disposizione tutte le risorse che potevamo utilizzare prima per
affrontare le difficoltà. L’aiuto ci può arrivare dalla nostra rete sociale (familiari, amici, comunità) o figure professionali
quali lo psicologo il quale potrà accompagnarci in un processo terapeutico lavorando insieme sull'elaborazione del lutto.
(Articolo di Sonja Sampaolesi)
(Articolo di Sonja Sampaolesi)
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